ISFOA CORDOGLIO – ROBERTO COLANINNO

Il rettore ISFOA Libera e Privata Unitelematica di Diritto Elvetico , unitamente a tutti i componenti del Senato Accademico , intendono esprimere il proprio cordoglio alla Famiglia , ed a tutte le risorse umane del Gruppo Piaggio , per la scomparsa del presidente Roberto Colaninno , protagonista della storia industriale del Paese che ha messo il suo impegno , le sue idee e la sua lunga esperienza anche al servizio del Sistema Confederale .

Roberto Colaninno – nato e morto a Mantova, diploma di ragioneria, un master della vita in concretezza e pragmatismo ed esperienza internazionale che, come tanti degli aspetti della sua vita, lui riduceva a poco, quasi nascondeva agli altri, mai se ne vantava.

Roberto Colaninno è stato un uomo di fabbrica. La fabbrica conosciuta e vissuta attraverso i prodotti – i filtri per i motori, i computer, le motociclette – e attraverso i budget e le rendicontazioni, il controllo dei flussi di cassa e gli investimenti. Nella consapevolezza che i processi aziendali contano moltissimo. E che la finanza di impresa è fondamentale affinché si realizzino i progetti industriali: «I costi sono come una molla. Se li comprimi con la mano, rimangono fermi. Ma appena ti distrai e togli la mano, esplodono», ripeteva.

Il presidente della Piaggio, che si è spento all’età di 80 anni, ha attraversato la storia industriale e finanziaria, politica e sociale dell’ Italia negli ultimi 40 anni.

Lo ha fatto con la semplicità burbera e l’educazione non affettata di chi è rimasto orgogliosamente provinciale («Sono un ragioniere, sono nato a Mantova», la stessa città dove è morto), ha conosciuto le sale mensa negli anni Ottanta quando era dirigente della Fiamm Filter e della Sogefi (componentistica auto), i club di New York e Boston mentre nel 1999 organizzava l’OPA su Telecom con la finanza americana e con Mediobanca e le trattorie di Roma prima che i suoi soci di Hopa vendessero Telecom nel 2001.

Di sicuro, è uno dei pochi dirigenti d’impresa a essere riuscito a diventare imprenditore.

La Sogefi è della Cir di Carlo De Benedetti. Colaninno ha l’8 per cento.

Lui va da Mantova a Ivrea una volta al mese. E, particolare rivelatore del suo acume nascosto sotto l’apparente semplicità, oltre a incontrare Carlo De Benedetti, chiede sempre un appuntamento a Renzo Zorzi, il raffinato intellettuale a capo delle relazioni culturali, dell’industrial design e della pubblicità, l’ultimo dei sodali di Adriano Olivetti.

Se Carlo De Benedetti tiene una conferenza pubblica in Italia, Roberto Colaninno è spesso presente in sala.

La sua devozione al lavoro è totale.

Nel 1995 è amministratore delegato della Olivetti: cede i personal computer, riorganizza i sistemi, incrementa i servizi, compatta i perimetri.

Si emancipa dall’Ingegnere, il quale in quel momento lascia gli incarichi operativi e tre anni dopo – non più azionista – non sarà d’accordo con la cessione della Omnitel per 15mila miliardi di lire ai tedeschi di Mannesmann.

Roberto Colaninno sosterrà sempre di essere stato costretto da impegni contrattuali e da posizioni finanziarie obbligate.

Con quel tesoro – Omnitel è la maggiore creazione di valore nella nostra storia economica – nel 1999 Roberto Colaninno avrà la base finanziaria per organizzare – appunto con i soci di Hopa – la scalata da 100mila miliardi di lire su Telecom.

L’OPA su Telecom è un punto di rottura della storia italiana.

Ha successo anche grazie all’appoggio del governo di Massimo D’Alema («Palazzo Chigi è l’unica merchant bank dove non si parla inglese», sibila l’avvocato d’affari Guido Rossi). Ed è un punto di rottura anche per le ombre sull’operazione che – proprio per la forza dirompente della ascesa dei “capitani coraggiosi” (copyright lo stesso D’Alema) e per la fragorosa caduta del nocciolino di azionisti pseudo privatizzatori imbastito sugli Agnelli – non si sono mai diradate.

Roberto Colaninno, da uomo di provincia perbene, ha sempre detto a tutti, quasi in maniera ossessiva: «Sono un uomo onesto». E nessuno, nemmeno il più duro dei suoi concorrenti, lo ha mai messo in dubbio.

Anche quella volta, Colaninno mostra la sua capacità di sopravvivenza. È sopravvissuto alla Olivetti. Sopravvive a Telecom. Nonostante il contrasto con gli altri soci di Hopa, Emilio Gnutti in particolare, alla fine dice di sì nell’estate del 2001 alla cessione alla Pirelli di Marco Tronchetti Provera e alla Edizione Holding dei Benetton a quotazioni che sarebbero apparse irreali soltanto pochi giorni dopo, con l’attacco dell’Islam radicale alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001 e il crollo dei mercati finanziari mondiali. Diventa un uomo ricco come Creso.

Il tempo passa in un lampo. Nei 20 anni successivi, Roberto Colaninno ha fatto di tutto per dimostrare di essere un uomo di vera fabbrica e non un uomo di sola finanza.

E, va detto, c’è riuscito.

A parte la parentesi sfortunata di Alitalia nel 2008 (su impulso del governo di Silvio Berlusconi e con la regia tecnica di Banca Intesa, lui e altri diciannove imprenditori rilevano quel che resta della compagnia aerea), Roberto Colaninno – usando come scatola finanziaria la Immsi – scrive pagine industriali ordinate, ben fatte se non di grande livello. Con lui la Piaggio, che era sommersa dei debiti, diventa un gioiello fra l’Italia, il Nord America e l’Asia.

La Intermarine di Sarzana e la Rodriguez Cantieri Navali di Messina hanno una caratura geopolitica, di tecnologia avanzata e militare di notevole spessore e hanno assegnato, in questi ultimi anni, a Roberto Colaninno una centralità internazionale.

 

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