I.S.F.O.A. HOCHSCHULE FÜR SOZIALWISSENSCHAFTEN UND MANAGEMENT RIFLESSIONI SOCIALI POLITICHE ECONOMICHE ED INDUSTRIALI DI FINE ANNO PER AFFRONTARE QUELLO CHE ARRIVERA’ .

QUALE EREDITA’ SI SPERA DI LASCIARE AI PROPRI FIGLI ?

LA CULTURA NON ESISTE PER TRARRE PROFITTO , MA PER EDUCARE .

SE QUESTO NON CAMBIA NELLE GENERAZIONI FUTURE PREVARRANNO PERSONE SUPERFICIALI E MOLTO PERICOLOSE .

 

 

GIORGIA MELONI LO HA DETTO NEL SALUTO RIVOLTO AI DIPENDENTI DI PALAZZO CHIGI : L’ANNO CHE VERRA’ SARA’ PIU’ DIFFICILE DI QUELLO TRASCORSO .

 

PASSATO DA RICORDARE , PRESENTE PER AGIRE , FUTURO DA IMMAGINARE

LIBERA E PRIVATA UNITELEMATICA INTERNAZIONALE SVIZZERA 

FONDAZIONE ED ENTE MORALE DI RICERCA SENZA SCOPO DI LUCRO E DI INTERESSE GENERALE

ISFOA Libera e Privata Unitelematica di Diritto Elvetico attiva dalla prima metà degli Anni ’80 del XX° Secolo dopo Cristo , con i suoi oltre 6.000 selezionati discenti  formati nei vari percorsi , Diplomi di Perfezionamento , Lauree Brevi , Lauree Magistrali , Lauree Honoris Causa , Master di Specializzazione , Dttorati di Ricerca , caratterizzata da una innata e naturale propensione allo sviluppo ed al relativo consolidamento di relazioni sociali , istituzionali e professionali , presenta alcuni primati ineguagliabili che l’ hanno fatta riconoscere e considerare come una delle più prestigiose , selettive , ambite e rinomate università a distanza a livello internazionale .

ISFOA Libera e Privata Unitelematica di Diritto Elvetico vanta i seguenti record : 


il 100% dei propri iscritti conclude nei tempi previsti il percorso accademico previsto ;


il 
100% dei propri laureati risulta essere un imprenditore , un professionista o un dirigente di conclamato successo ; 
il 100% dei propri laureati appartiene alla classe sociale degli high net worth individuals ;


lo 0% è il tasso di abbandono dei propri iscritti .

 

ISFOA Libera e Privata Unitelematica di Diritto Elvetico , attraverso l’opera indefessa e volontaria del pro rettore Vincenzo Mallamaci , ha perfezionato , proprio grazie alle generose donazioni ricevute durante le varie cerimonie di consegna dei titoli accademici , in stretta collaborazione con l’ Associazione E Ti Porto in Africa ONLUS , l’ acquisto di numerosi ettari di terra in Costa d’ Avorio , destinati alla coltivazione di piantagioni di Cacao , da donare ad un folto gruppo di famiglie povere che potranno con il loro lavoro ed il relativo insegnamento di Tecniche Agricole , Aziendali , Finanziarie e Commerciali , sopravvivere e prosperare per almeno 30 anni .

 

ISFOA Libera e Privata Unitelematica di Diritto Elvetico , agirà nella realizzazione di tale importante opera umanitaria , sempre sotto la diretta supervisione di Monsignor Giulio Cerchietti , Officiale della Congregazione per i Vescovi della Santa Sede , responsabile Ufficio Internazionale Ordinariati Militari e Presidente Associazione Amici del Benin .

 

ISFOA Libera e Privata Unitelematica di Diritto Elvetico , da sempre , progetta e sviluppa operazioni di livello internazionale a beneficio del progresso sociale , culturale ed economico , procedendo sempre nello spirito cristiano , in maniera concreta e reale , in silenzio ed umiltà , in evidente contrapposizione alle chiacchiere generali , poichè questo è uno degli insegnamenti fondamentali ereditati dal Maestro Gesù Cristo per risolvere , ad esempio , il problema dei profughi alla radice .

 

ISFOA Libera e Privata Unitelematica di Diritto Elvetico , rappresenta per tutti i laureati non un Punto di Arrivo ma un Punto di Partenza inarrivabile e dal valore incalcolabile , infatti , tramite la comune appartenenza e la assidua frequentazione alle manifestazioni organizzate , conviviali ed ufficiali , facilita come ormai nessuna altra struttura attiva , in Italia , tutte caratterizzate da una endemica decadenza ed inutilità , l’ interscambio , la creazione e lo sviluppo di privilegiate ed uniche opportunità di relazioni personali e professionali , unitamente ad importanti occasioni di beneficenza .

Fregiarsi del titolo accademico ISFOA Libera e Privata Unitelematica di Diritto Elvetico è un privilegio , raro , ambito , agognato e non comune , destinato ad un selezionatissimo e ristretto novero di importanti e riconosciuti protagonisti nel proprio specifico settore di appartenenza .

I laureati ISFOA Libera e Privata Unitelematica di Diritto Elvetico sono giovani e brillanti , nel pieno della propria attività , forma fisica ed intellettuale , inseriti ai più alti livelli dell’ imprenditoria , delle professioni , delle istituzioni , della ricerca accademica , della finanza e del credito , dei media che in uno spirito di leale , morale , etica e trasparente fratellanza collaborano attivamente tra loro per il progresso e lo sviluppo personale , della società e dei più sfortunati , animati sempre e comunque da una logica di mutuo soccorso .

ISFOA Libera e Privata Unitelematica di Diritto Elvetico , gode a livello internazionale , di un acclarato prestigio e di una riconosciuta reputazione in funzione del proprio corpo docente composto da banchieri , industriali , editori , giornalisti , diplomatici , accademici , prelati , militari , giuristi , economisti di chiara fama , provenienti dalle maggiori e più note istituzioni italiane ed estere , sia per le proprie importanti attività di lobbyng e di sviluppo di affari che per l’impegno profuso a livello sociale , avendo concesso numerose borse di studio a parziale e/o totale copertura delle rette previste a favore di discenti non particolarmente abbienti ma meritevoli e organizzando e/o finanziando innumerevoli opere filantropiche e caritatevoli .

 

I.S.F.O.A. Hochschule für Sozialwissenschaften und Management risulta essere un punto di riferimento nei tempi attuali caratterizzati da deriva e mancanza di etica , una vera e propria Arca , la cui fondamentale Missione risiede nel vivere ed operare come se la società ideale già esista , perché un giorno possa esistere davvero .

 

I.S.F.O.A. Hochschule für Sozialwissenschaften und Management quotidianamente come un vero storico illuminato , guardando avanti conoscendo il passato ma agendo nel presente .

E’ possibile misurare la felicità umana?

«Perché non iniziamo a chiederlo alle persone» , si dev’essere detto Hadley Cantril , il padre dei moderni sondaggi di opinione , che a metà degli anni 60 sviluppò un metodo – la “Scala di Cantril” – per quantificare la felicità individuale .

La metodologia di Hadley Cantril ebbe un enorme successo ma soprattutto contribuì a ridurre lo scetticismo circa la misurabilità di emozioni , sentimenti , stati d’animo .

Scetticismo diffuso particolarmente tra gli economisti .

Nonostante molti tra i padri fondatori della disciplina , da Jeremy Bentham a John Stuart Mill , sulla scia di Cesare Beccaria , avevano posto nella “massima felicità per il massimo numero” la finalità dell’azione dei governi e in Italia gli economisti civili del Settecento considerassero l’economia come la scienza della “pubblica felicità”, ad un certo punto , grazie all’opera di Vilfredo Pareto , l’approccio cambiò radicalmente .

A causa delle difficoltà connesse alla quantificazione della “felicità” e al sospetto verso una certa psicologia , gli economisti decisero di abbandonare il tema del benessere per concentrarsi sui processi di produzione , scambio e consumo .

In questo modo la felicità scomparve e venne sostituita da variabili monetarie .

Si prenda il tema della disoccupazione : se ciò che conta è principalmente il reddito , quando si perde il lavoro , basterà intervenire sostenendo il disoccupato con un sussidio .

Se invece si guardasse alle ricadute sul benessere bisogna  tener conto del fatto che il lavoro ha un valore in sé , oltre l’ottenimento di un reddito .

Quindi l’impatto sul benessere della perdita del lavoro dovrà sommarsi a quello della perdita del reddito .

Gli studi dicono che quando si perde il lavoro si ha una riduzione nel benessere pari al doppio di quella associata alla perdita del reddito .

Se, quindi, un disoccupato riceve un sussidio , come generalmente avviene , pari alla metà del suo salario normale egli sperimenterà un livello di benessere pari a quello che avrebbe avuto se fosse stato occupato ma con un salario pari a un quarto di quello originale .

Ciò vuol dire che per far tornare il benessere al livello iniziale il sussidio dovrà essere quattro volte superiore a quello concesso .

Di conseguenza i Decisori Politici realmente interessati al benessere dei loro cittadini non dovrebbero concentrarsi troppo sulle questioni economiche .

Dovrebbero invece lavorare su altri fronti che hanno un impatto molto maggiore sulla qualità della vita dei loro concittadini .

In ordine di importanza verrebbero i temi della salute mentale , di quella fisica , non solo quello dell’occupazione ma della qualità del lavoro , il sostegno alle famiglie e ai legami comunitari più in generale.

«L’economia sta tornando ai bei vecchi tempi – scrive Richard Easterlin – quando le persone erano esseri umani dotati di sentimenti reali e non semplici agenti o fattori della produzione . Ora possiamo misurare la felicità e conoscere , come diceva Jeremy Bentham , il loro piacere e il loro dolore».

I.S.F.O.A. Hochschule für Sozialwissenschaften und Management alla luce di quanto sopra esposto è un faro nelle tenebre ed ancor più leggendo ciò che riporta il CENSIS nel proprio 57esimo Rapporto in cui descrive una società pressoché inafferrabile , ambivalente e contraddittoria nei suoi caratteri e umori.

Parafrasando Mao Tse-Tung , le «contraddizioni in seno al popolo» , almeno per ora , non hanno trovato una «giusta soluzione» .

Quali contraddizioni ?

Di essere una società preoccupata per l’immigrazione e quasi niente affatto dell’emigrazione dei suoi giovani .

Di invecchiarsi e di marginalizzare le nuove generazioni, a dispetto della loro maggiore istruzione e della minore numerosità che in passato.

Di essere egoistica , atomistica , pessimista , una società-sciame che si disperde , ma , al contrario che nello sciame di Byung-Chul Han , si ricompatta , come è accaduto durante il covid e subito dopo , con una vibrante ripresa .

Una società ricca , anche di vestigia del passato che attraggono turisti – mai così in tanti – e , al contempo , una società con persistenti arretratezze , invecchiata , intorpidita .

Il CENSIS quest’anno l’ha definita una società di sonnambuli , che dorme da sveglia , che manca di consapevolezza e subisce , impaurita e pessimista , le crisi da globalizzazione .

Il 57° Rapporto descrive con minuzia le contraddizioni in seno alla società e alla sua classe dirigente , un lungo elenco che rende la società italiana indecifrabile : perché liquefatta nell’individualismo , secondo Zygmunt Bauman , perché crescentemente complessa , secondo gran parte della sociologia accademica .

Il CENSIS ha scelto di osservarla nella pluralità delle sue sfaccettature , definendola , di volta in volta , come società del rancore, società “senza” e , oggi, società sonnambula .

La rappresenta come una società che ha perso serenità , schiacciata da eventi e rovesci improvvisi come quelli climatici e geofisici (alluvioni, terremoti), sociosanitari (il Covid , il negazionismo) , militari , con le guerre alle porte d’Europa .

È una società che si misura con un’atmosfera d’incertezza diffusa , la quale , come sottolineava Frank Knight , non è misurabile e prevedibile come il rischio , perché l’incertezza dipende dall’esercizio del giudizio umano nell’adottare decisioni , che possono rivelarsi errate.

Il sonnambulismo della società del CENSIS è quindi dovuto all’incertezza che opacizza la via delle decisioni su problematiche di lungo respiro .

Crea l’immobilismo gattopardesco della classe politica che non prende decisioni : in tempi di forte incertezza , ha paura di sbagliare e sceglie la strada ordinaria di non decidere su grandi questioni , pur di durare .

È la stessa classe politica che non sa alimentare l’immaginazione sociale , che , al contrario , è indispensabile quando la società è impaurita da cambio del clima , migrazioni , contagi e guerre e pensa un futuro peggiore .

Questo schema interpretativo delle “cose che accadono” nel Paese , lascia spazio ad alcune osservazioni .

La prima : una società sonnambula , in preda all’incertezza , ha anche poca lucidità nel far fronte alle grandi sfide del Paese .

Il CENSIS sottolinea in particolare le varie schegge della ”bomba demografica”, ma, la presentazione del Rapporto ha troppo sorvolato sulla tecnologia , l’altra sfida con cui il Paese si rapporta senza la dovuta attenzione e adeguato fuoco d’investimenti economici e sociali .

Per altro , è intuitivo quanto possa essere di aiuto la tecnologia a una società invecchiata e con popolazione attiva in declino .

In secondo luogo , il sonnambulismo della società è il frutto avvelenato dell’indebolimento del concetto stesso di società come dimensione centrale esistenziale per le persone d’oggi .

La società è come il lavoro : senza essere oggetto di rifiuto , entrambi non sono più considerati baricentro esistenziale .

Del resto , la crisi di campi collettivi rilevanti come la famiglia , le classi , i partiti , i corpi intermedi segnalano un declino dell’uomo pubblico da cui la società è stata risucchiata nel mondo delle “piccole cose” quotidiane .

Parte della società si è trasferita sui social , nella network society governata da algoritmi e intelligenza artificiale , parte si è dispersa .

La diffusione di una cittadinanza passiva , al tempo stesso astensionista e conformista , ha incarnato il tramonto della partecipazione nell’arena pubblica e sociale .

Manca il soggetto sociale come ha affermato Alain Touraine .

Non per questo la società è interpretabile solo grazie alla “gabbia dei numeri”, come fosse una somma di individui e non di persone e comunità relazionate .

Altrimenti , si continuerà coltivare il dubbio umorale se nel sociale il bicchiere sia mezzo vuoto o mezzo pieno , senza fare progressi nell’immaginare la società che cambia .

Ancora una volta la Legge del Calabrone , che per le regole della fisica non dovrebbe volare e invece lo fa , si applica all’economia italiana e alla sua industria .

Le piccole e le medie aziende italiane sono più efficienti e dure , efficaci e competitive delle loro omologhe francesi e tedesche .

Anche se il sistema manifatturiero italiano non ha recuperato il vuoto di dotazione che ha perso durante la Grande Crisi del 2008 e che è stato allargato dalla pandemia .

La contrazione della base industriale italiana – in termini di potenzialità , impianti e linee produttive – rischia di diventare un vincolo molto pesante , soprattutto perché è connessa a un generale ridimensionamento , post pandemia , della dotazione industriale di Germania e Francia .

In ogni caso , anzi proprio per questo , i dati venuti alla luce appaiono così sorprendenti da risultare quasi “innaturali”.

Come , appunto , il Volo del Calabrone .

Secondo le elaborazioni presentate da Sergio De Nardis in una relazione alla Società Italiana di Economia e Politica Industriale , fatto 100 il valore aggiunto in valore per addetto del tessuto produttivo tedesco , quello italiano è molto più efficiente nelle categorie dimensionali comprese fra i 10 e i 19 addetti , fra i 20 e i 49 addetti e fra i 50 e i 249 addetti .

La comparazione è fortemente critica per le micro-imprese , al di sotto del nove occupati . E , sopra i 250 occupati , esiste un divario dal parametro tedesco che , però , non è affatto incolmabile ma che appare in graduale riduzione .

Usando la classe dimensionale aggregata fra i 9 e i 240 addetti le imprese italiane fanno meglio per un buon terzo : il valore aggiunto in valore per addetto , che era pari fra quelle italiane e le loro nel 2008 , inizia a esplodere a favore del “Calabrone Italiano” fino al 30% in più .

Lo stesso capita con la Francia .

In questo caso , però , la parità di efficienza era stata toccata nel 2014 , alla fine del ciclo negativo della crisi dei debiti sovrani , e da allora è iniziata la corsa più rapida delle piccole e medie italiane rispetto alle loro .

Il punto è che non è capitato nulla di strutturalmente buono .

Anzi , alla crisi del paradigma della grande impresa che segna il paesaggio industriale italiano dai primi anni Novanta del secolo scorso , si sono aggiunti negli ultimi quindici anni una de-globalizzazione a crescente incardinamento asiatico , gli effetti destabilizzanti post 2020 della pandemia , l’”Operazione Speciale” di Vladimir Putin in Ucraina nel 2022 , la crisi identitaria e politica dell’Unione Europea , le crescenti tensioni nel quadro del Pacifico fra Stati Uniti e Cina , la Palestina ora in fiamme .

L’ultimo simbolo di questa tendenza storica ormai di lungo periodo è incarnato dagli Houthi , il gruppo terrorista dello Yemen di matrice sciita sostenuto dall’Iran , che sta rallentando le navigazioni nel Mar Rosso e sta costringendo petroliere e cargo a non passare dal Canale di Suez , ma a circumnavigare l’Africa per raggiungere il Mediterraneo .

In questa drammatica rimodulazione , queste PMI riescono a fare meglio delle loro omologhe tedesche e francesi .

E sono il cuore e l’ossatura italiana : appartiene a questa categoria dimensionale – fino a 250 addetti , escludendo le micro aziende – il 19% delle imprese italiane , a cui si deve il 51% degli occupati e il 49% del valore aggiunto della nostra manifattura .

L’Italia è tutta una contraddizione .

Nel senso che ha sperimentato una selezione violenta e dolorosissima , paragonabile a quella già provata con l’introduzione dell’euro , quando la durissima uscita dalla fine del Novecento comportò la moria di migliaia di imprese .

La comparazione è con l’Europa , che ha nella manifattura la sua specializzazione produttiva e tecnologica e la sua vocazione sociale e culturale.

I due passaggi quasi deflagranti sono appunto il 2008 e la crisi del Covid nel 2020 .

Secondo le elaborazioni di Sergio De Nardis , fissata a 100 la capacità manifatturiera nel 2007 , un anno prima quindi della Grande Crisi , l’Europa della Moneta Unica ha nel tempo mostrato una forza di rigenerazione molto significativa: nel 2022 , la sua capacità è in linea , se non di un paio di punti superiore , a quella di quindici anni prima .

La Germania nei dieci anni successivi alla Grande Crisi è addirittura cresciuta: il suo indice è passato da 100 punti del 2007 a 109 del 2018 .

Con l’arrivo del Covid , però , è precipitato fino agli attuali 87 punti .

La Francia da 100 punti del 2007 era scesa a 92 nel 2018 . E , poi , è calata adesso a 68 punti .

Il problema dell’Europa – in uno dei costanti paradossi storici del Paese – si chiama ancora una volta Italia .

L’Italia possiede la migliore impresa fino a 250 addetti . Nessuno lo dubita .

Ma , allo stesso tempo , il sistema ha subito un rimpicciolimento significativo .

Molto significativo . Già fra il 2007 e il 2018 la capacità produttiva italiana era passata da 100 punti a 82 punti .

Dopo, c’è stato il crollo: nel 2022 si è ridotta a 58 punti .

Due quinti del paesaggio industriale italiano , in quindici anni , è scomparso .

Ancora una volta , dunque, è valido il paradosso italiano .

II sistema si depaupera e le singole aziende migliorano .

Il pericolo è la desertificazione , con la estinzione dei due quinti della fisiologia manifatturiera .

L’opportunità è l’eccellenza tecno-industriale , incarnata dalle aziende sopravvissute a questa violentissima selezione e così brillanti e solide da formare l’élite dalla cultura manifatturiera europea .

Il calabrone, per adesso , vola .

Domani, chissà.

Il paradosso italiano va considerato , compreso , gestito .

Il paradosso italiano è la coesistenza di fenomeni contraddittori e razionalmente poco spiegabili .

La perdita , negli ultimi quindici anni , di due quinti del potenziale produttivo dell’ industria italiana e la leadership della media impresa italiana rispetto alle omologhe francese e tedesca compongono un paradosso .

Beniamino Andreatta diceva che la politica industriale o è politica economica o non è .

Bisogna aggiungere che la politica economica o è politica o non è .

E, oggi, sulle grandi questioni industriali , la politica appunto non è .

Chi ora ha la responsabilità sui dossier economici – i ministri Giancarlo Giorgetti , Raffaele Fitto , Adolfo Urso , Gilberto Pichetto Fratin – ha due ordini di problemi .

Il primo è che l’Italia è molto complicata da capire .

La seconda è che non esistono più le tecnostrutture ministeriali in grado di spiegarla .

Per questa ragione – di fronte alle due facce della Luna evidenziate dall’economista Sergio De Nardis – in pochi colgono la portata potenzialmente devastante della contraddizione italiana e in ancora meno sono in grado di elaborare misure per mitigarla , curarla , orientarla verso il bene e allontanarla dal male .

Inoltre, mancano pensiero e tecnica per gestire problemi di elevata complessità .

Due su tutti: la vicenda dell’ex Ilva e l’esterovestizione societaria e fiscale della vecchia FIAT .

Oggi la politica non è .

Ma non è soltanto un problema del governo di Giorgia Meloni .

Tutti i governi di centrosinistra che si sono succeduti dopo l’acquisizione di Chrysler da parte di FIAT hanno avuto un atteggiamento acquiescente , se non di consenso, verso lo spostamento all’estero delle sedi fiscali e societarie delle imprese del gruppo di Torino e non hanno mosso un dito rispetto alla non realizzazione dei piani di investimento in Italia .

I governi di Giuseppe Conte 1 e 2 saranno ricordati anche per tre cose : il reddito di cittadinanza , i bonus fiscali per l’edilizia , la mala gestio del dossier ex Ilva con l’eliminazione dello scudo penale e con la riscrittura del contratto tutto a favore del socio privato , il gruppo indiano Arcelor Mittal .

Il governo di Mario Draghi ha rappresentato la sintesi perfetta di una cultura economica di matrice angloamericana che , anche nelle sue radici keynesiane e nella proiezione super europeista del suo Deus ex Machina , non ha mai apprezzato l’odore della fabbrica , non ha mai considerato le implicazioni sociali e culturali , politiche e civili dell’impresa come architrave del sistema europeo e si è sempre tenuta ben distante dai dossier industriali più complessi di un Paese come l’Italia dove non si può mai chiudere nulla , non si può decidere niente , occorre mediare tutto con sindacati , curie vescovili , potentati politici locali .

Adesso , appunto, ci sono i “meloniani”.

Il problema non sono tanto loro .

Il problema è più generale .

Le questioni aperte sono tre .

La prima è la prevalenza della cultura macroeconomica nel pensiero dominante universitario italiano che ha marginalizzato gli studiosi di economia e politica industriale , anche quando si conformano al modello della “fabbrica dei rapporti ” e della “fabbrica delle riviste” con cui si vincono i concorsi universitari .

La seconda è appunto il disseccamento delle strutture tecniche dei ministeri : il vecchio Ministero dell’Industria sembra culturalmente e analiticamente un guscio vuoto .

In quelle stanze non c’è più nessuno .

E si sono interrotti – o perlomeno affievoliti – i rapporti fra queste compagini e le istituzioni classiche italiane , come la Banca d’Italia e l’ISTAT .

La terza questione è l’assenza di gruppi di lavoro che i governi possono chiamare a raccolta per le politiche di lungo periodo o per gli interventi a cuore aperto nel sistema economico e industriale italiano .

L’ultimo gruppo di economisti vero – perché solido , compatto , consapevole , accreditato e in grado di trasformare l’analisi in misure nazionali ed europee – è stato quello radunato da Romano Prodi nelle sue esperienze di governo .

Troppo lontano nel tempo .

La svestizione culturale del mondo della fabbrica e delle politiche industriali è andata molto avanti .

Così il “Calabrone Italiano” – con tutte le sue contraddizioni, le sue fragilità e la sua forza – rischia di non volare più.

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