ISFOA CORDOGLIO : MARCO ONADO

Il rettore ISFOA Libero e Privato Ateneo Telematico di Diritto Elvetico , unitamente a tutti i componenti del Senato Accademico , intendono esprimere il proprio cordoglio alla Famiglia , ed a tutte le risorse umane dell’Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano per la scomparsa di Marco Onado .

 

La passione culturale di un combattente civile e formulatore di domande

Una esistenza spesa al servizio della comprensione di quello che succede nella vita reale del Paese e nei modelli astratti di funzionamento dell’economia e della società.

È morto, dopo una malattia lunga ed estenuante, Marco Onado, accademico bocconiano privo di senso di superiorità verso gli altri, nonché acuto analista sulle colonne del quotidiano Sole 24 Ore, per il quale ha scritto innumerevoli articoli sulle maggiori vicende finanziarie italiane degli ultimi anni.

Marco Onado – classe 1941, un fisico messo alla prova da una serie di patologie, l’ultima delle quali è risultata fatale – è stato un intellettuale e un commentatore nel senso novecentesco del termine.

In lui la passione culturale, declinata nel diritto e nell’analisi dei mercati e delle imprese, si è unita alla passione civile.

La sua vita è stata spesa fuori e dentro le aule universitarie.

Dopo la laurea in economia e commercio in via Sarfatti – prima di tornarvi ad insegnare – è stato professore ordinario di economia degli intermediari finanziari all’università di Modena e di Reggio Emilia e all’università di Bologna.

La sua identità si è formata in quel fertile e poco battuto terreno che è il punto di confluenza fra conoscenza accademica ed esperienza della realtà.

Uomo di sinistra, non ha mai aderito alla componente più gerarchica e stolida del Partito Comunista. Ma, nel Partito, ha sempre scelto un senso di radicalità che, in qualche maniera, ha ridotto la sua componente morale, o meglio ha evitato che il suo acume diventasse sterilmente moralista.

In pochi ricordano che la relazione di minoranza della commissione parlamentare di inchiesta sul caso Sindona, che era stata istituita nel 1979 per comprendere i legami di Michele Sindona con la criminalità organizzata, i partiti e il sistema finanziario italiano, fu firmata fra gli altri da Giuseppe D’Alema, ma fu scritta in molte parti da lui. La sua frequentazione simultanea di pensiero e di realtà si è affinata da commissario Consob, fra il 1993 e il 1998, in anni che hanno visto l’assetto del Paese mutare radicalmente non solo attraverso le commissioni preliminari al Testo Unico per la Finanza, ma anche e soprattutto attraverso le privatizzazioni, che hanno rimodulato la natura e gli equilibri italiani, al loro interno e nel rapporto con gli investitori industriali e finanziari stranieri.

Particolarmente persistente e di impatto la sua attività di commentatore nei primi anni Duemila, dopo appunto la conclusione della esperienza in Consob.

Il suo posizionamento culturale dell’epoca è ben espresso nell’editoriale del «Sole 24 Ore» del 18 febbraio 2006: «I difetti del capitalismo italiano sono tanti e occorreranno tempi lunghi prima di raggiungere una situazione vicina a quella di altri Paesi abituati da più tempo di noi a convivere con le regole di mercato.

Guido Rossi ha lanciato la proposta “leninista” (come egli stesso l’ha definita) di abolire per legge i patti di sindacato, colpevoli di rendere il nostro “un sistema capitalistico di quart’ordine” e ha invitato il Centro-sinistra a inserirla nel suo programma di governo. Forse però la nostra situazione è meno disastrosa e proprio in materia di patti di sindacato merita giudizi meno severi, grazie alla legge Draghi che ha consentito di fare passi avanti significativi, tanto da essere accusata proprio da Guido Rossi, in una famosa lettera del 1996 scritta con il giurista Ariberto Mignoli di aver peccato per eccesso di dirigismo» (vedi sotto pezzo integrale).

Marco Onado, quindi, sceglie una versione realista del mercato in trasformazione, con una caratura draghiana nel senso di Mario, cercando il confronto – ma non lo scontro – con un peso massimo come il giurista e avvocato dei mille affari Guido Rossi.

Al fenomeno storico delle privatizzazioni, anni dopo, Onado dedicherà un importante volume – scritto con il banchiere e amico di una vita Pietro Modiano – pubblicato nel 2023 dal Mulino: Illusioni perdute. Banche, imprese, classi dirigenti in Italia dopo le privatizzazioni.

Nel pendolo fra ricerca e attualità, Onado poteva comunque contare su un track record strutturato e ampio di pubblicazioni scientifiche. Per citare soltanto le ultime: A long-term approach to Italian banks’profitability. Paradise lost? (con Giuseppe Lusignani, in «Journal of Financial Perspectives», n.2, 2014), Alla ricerca della banca perduta (Il Mulino, 2017), Finance and Investment. The European case (con Colin Mayer, Stefano Micossi, Marco Pagano e Andrea Polo, Oxford University Press 2018). Ma, allo stesso tempo, ha sempre cercato, anche, il divertimento personale e l’accapigliarsi con la realtà. Molto brillante Prendi i soldi e scappa. La finanza spiegata con il cinema (Laterza, 2018). Ma, anche, molto amaro nelle conclusioni appunto il saggio Illusioni perdute, nel quale Onado ha constatato la non corrispondenza dei grandi desideri e delle notevoli ambizioni di modernizzazione degli anni Novanta con il profilo dell’Italia di oggi: più povera, meno competitiva, altrettanto rapace, in fondo più mediocre di quella per cui Tangentopoli, le privatizzazioni e l’Unione europea sembravano – allora – lavacri indispensabili e taumaturgici per avere un Paese migliore.

Di realismo e onestà intellettuale è permeata l’introduzione firmata da lui (con Modiano): «Le privatizzazioni sono state realizzate e in un arco di tempo breve è avvenuto un trasferimento di ricchezza che non ha uguali nel mondo. La proprietà pubblica in campo industriale si è ridotta alle principali utilities. Il rallentamento dell’Italia rispetto agli altri Paesi non si è attenuato, anzi, si è ulteriormente accentuato. Perché allora la stagione delle privatizzazioni e dell’adesione alla moneta unica deve essere annoverata come l’ennesima “occasione perduta”?».

Con la scomparsa di Marco Onado, ci ha lasciato un infaticabile formulatore di domande. Un intellettuale disponibile a misurarsi con la responsabilità pubblica e le scelte concrete. Un accademico di professione in cui la mente e il cuore si accapigliavano di continuo con la realtà, sollevando sempre la polvere e mai sporcandosi con il fango.

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