ISFOA CORDOGLIO : FEDERICO IMBERT

Il rettore ISFOA Libera e Privata Unitelematica di Diritto Elvetico , unitamente a tutti i componenti del Senato Accademico , intendono esprimere il proprio cordoglio alla Famiglia  ed a tutte le risorse umane del Gruppo UBS , per la scomparsa di Federico Imbert , senior advisor UBS .

È morto il banchiere Federico Imbert, uno tra i più noti personaggi italiani della finanza internazionale degli ultimi 40 anni.

Federico Imbert era nato a Napoli, 72 anni fa, da una famiglia di nobili origini ed è rimasto legato alla sua città natale mantenendo sempre la sua casa dove, quando gli impegni di lavoro in giro per il mondo glielo consentivano, faceva tappa più volte all’anno.

Si era laureato in Scienze Politiche a Napoli e poi subito la gavetta in banca a partire dal 1974.

La carriera da banchiere l’ha portato fin dall’inizio all’estero con lunghi anni passati in posizioni di grande responsabilità alla Chase Manhattan Bank a Londra e poi, uno tra i primi italiani del banking ad affermarsi oltreoceano, a New York. Quando Chase si è fusa con JP Morgan ha continuato per anni a gestire per il colosso Usa importanti operazioni di merger and acquisition, tra cui l’OPA sulla Telecom Italia.

Successivamente nel 2010 si è trasferito al Credit Suisse, da dove ha continuato a seguire (e inventare) varie operazioni di m&a sul mercato italiano.

Da buon napoletano amava profondamente il mare. Ed era appassionato d’arte: collezionista di vedute partenopee, di arte antica, una passione che l’ha portato anche a supportare musei come il Poldi Pezzoli a Milano dove è membro del consiglio di amministrazione , la Pinacoteca di Brera e il Museo di Capodimonte a Napoli. Nel 1997 fu nominato cavaliere della Repubblica italiana.

È sempre stato un convinto sostenitore che l’Europa, per poter competere con i colossi Usa che lui ha conosciuto bene e da vicino, dovesse creare grandi gruppi industriali e finanziari che guardino al futuro. «Dobbiamo riuscire a creare campioni paneuropei anche in settori lasciati finora al dominio americano – disse in un’intervista concessa a Il Sole 24 Ore nel 2019 – a partire da quello tecnologico e dei big data, considerato ormai il petrolio dei tempi moderni».

Come tutti i protagonisti delle vicende e (talvolta) degli scontri finanziari, anche Imbert ha avuto alleati e avversari. Ma indubbiamente è stato uno dei protagonisti di oltre 40 anni di finanza italiana.

Federco Imbert aveva l’affabilità dei napoletani, con una mentalità anglosassone, un tono di voce inconfondibile, slancio umano anche se del banchiere conservava la riservatezza sulle operazioni che stava conducendo. Una delle sue caratteristiche era il sigaro tra le labbra, l’eleganza nei modi d’altri tempi, sempre impeccabile nel vestire, un grande attaccamento alla famiglia, alla moglie Isabella, alle due figlie e ai sei nipoti di cui era fiero. Fino a quando è stata in vita la mamma, almeno due volte al mese, il venerdì prendeva l’aereo per Napoli.

Era un amante del mare, delle auto sportive d’epoca, era collezionista di arte antica, una passione che l’ha portato anche a sostenere musei come il Poldi Pezzoli a Milano di cui era membro del cda, la Pinacoteca di Brera e il Museo di Capodimonte a Napoli.

Sul piano privato era socio di John Elkann in Merope asset management, che faceva investimenti immobiliari a Milano.

Suoi clienti sono stati tutti i maggiori gruppi e imprenditori italiani: Telecom, Pirelli quindi Marco Tronchetti Provera, Silvio Berlusconi, Salvatore Ligresti, i Moratti, le grandi banche.

Ha lavorato nella sua carriera per quattro case finanziarie: Chase Manhattan bank, fino alla fusione con JpMorgan, Credit Suisse fino alla fusione in UBS dove era senior advisor.

Tra gli ultimi deal la vendita degli asset australiani di Enel, l’aumento di capitale da 2,5 miliardi di Mps che ha determinato il rilancio e prima ancora, l’opas di Intesa Sanpaolo su UBI , lanciata il 17 febbraio 2020.

Credit Suisse fu ingaggiata, assieme a Goldman Sachs, dalla banca bresciana che voleva contrastare l’assalto dalla Ca’ de Sass.

Avendo grandi relazioni ed essendo lui credibile e competente, riusciva sempre a essere persuasivo sule logiche industriali facendole prevalere sugli interessi meramente economici.

L’OPAS andò felicemente a segno il 30 luglio 2020, dopo che la banca offerente alzò il prezzo dell’offerta: Imbert ebbe un ruolo decisivo perchè alcuni giorni prima che Consob prorogasse dal 27 al 30 luglio il periodo dell’offerta, in una riunione molto riservata in un posto alla periferia di Brescia, dove aveva sede UBI , alla presenza di 7 persone influenti, creò le condizioni per il successo: oltre alle 17 nuove azioni Intesa ogni 10 UBI , ai soci vengono anche offerti in contanti 0,57 euro per azione, pari appunto a 652 milioni.

In totale la valutazione di UBI passa da 3,47 miliardi a 4,12 miliardi di euro.

Ma questo è stata davvero uno degli ultimi deal di grande importanza dove il banchiere ha avuto un ruolo decisivo.

Andando a ritroso negli anni, il 21 maggio 1999 Imbert assieme a Ruggero Magnoni di Lehman, fu in cabina di regia per assistere la razza padana formata da Roberto Colaninno e Emilio “Chicco” Gnutti che lanciò l’opa da 115 mila miliardi di lire. La prima vera prova di una OPA ostile su di un colosso societario attraverso la tecnica nota come Leveraged Buy Out e il primo grande banco di prova per il Testo Unico della Finanza, c.d. Legge Draghi.

Fu molto più che un semplice takeover ostile.

L’OPA ebbe successo perchè Colaninno e Gnutti godettero di un maxi-finanziamento bancario.

Due anni dopo Federico Imbert con JpMorgan si schierò dalla parte di Tronchetti, patron della Pirelli che attraverso Olimpia acquistò il 100% di Bell, la finanziaria lussemburghese che controllava Olivetti. Pirelli aveva al fianco Edizione holding di Benetton.

L’acquisto di Bell consentì a Pirelli e Benetton di portare a termine senza colpo ferire la scalata a Telecom Italia: Bell custodiva infatti il 22,58% della Olivetti, che a sua volta controllava ”a cascata” Telecom Italia.

L’operazione andò in porto senza alcuna OPA. 

E’ stato il consulente speciale di Salvatore Ligresti assieme a Mediobanca di Enrico Cuccia.

Nel 2011 Ligresti creò una newco, partecipata al 40% dal Credit Suisse, in cui conferire le partecipazioni chiave in Mediobanca (3,8%), Generali (1,13%), Rcs (5,5%), Pirelli (4,5%), UniCredit (0,35%) e Mps (0,40%).

Fu una soluzione per alleggerire il peso dei debiti.

Anche con Silvio Berlusconi ha avuto rapporti stretti, nel 1995 fu in prima fila con altre banche per la turbolenta quotazione in Borsa di Mediaset, nel mirino della procura di Milano.

Ha curato la privatizzazione di Credit e Comit. E’ stato al fianco del Tesoro nei collocamenti di Enav, Fincantieri, Rai Way, Poste.

Ha curato l’IPO di Enel Green Power e il collocamento di Endesa da parte di Enel.

Di aumenti di capitale ha curato i due di Unicredit da 4 e 3 miliardi circa una decina di anni fa e sempre per MPS , ha seguito con Mediobanca la fondazione senese nella fase di rafforzamento conseguente all’acquisizione di Antonveneta. 

Federico è stato anche un maestro, perchè alla sua scuola sono cresciuti alcuni dei migliori banchieri d’affari del momento: Andrea Donzelli (Jefferies), Francesco Rossi Ferrini e Francesco Cardinali entrambi in JpMorgan, Guido Banti (Ubs), Paolo Celesia (Jefferies).

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