I.S.F.O.A. HOCHSCHULE FÜR SOZIALWISSENSCHAFTEN UND MANAGEMENT SCENARIO GEO POLITICO ED ECONOMICO DI FINE ANNO E PREVISIONI PER QUELLO CHE ARRIVERA’ : QUANDO PESSIMISTI DIVENTANO ANCHE LE PERSONE PIU’ REALISTE IL FUTURO NON PROMETTE NULLA DI BUONO .

QUANDO PESSIMISTI DIVENTANO ANCHE LE PERSONE PIU’ REALISTE IL FUTURO NON PROMETTE NULLA DI BUONO .

LIBERA E PRIVATA UNITELEMATICA INTERNAZIONALE SVIZZERA 

FONDAZIONE ED ENTE MORALE DI RICERCA SENZA SCOPO DI LUCRO E DI INTERESSE GENERALE

ISFOA Libera e Privata Unitelematica di Diritto Elvetico attiva dalla prima metà degli Anni ’80 del XX° Secolo dopo Cristo , con i suoi oltre 6.000 selezionati discenti  formati nei vari percorsi , Diplomi di Perfezionamento , Lauree Brevi , Lauree Magistrali , Lauree Honoris Causa , Master di Specializzazione , Dttorati di Ricerca , caratterizzata da una innata e naturale propensione allo sviluppo ed al relativo consolidamento di relazioni sociali , istituzionali e professionali , presenta alcuni primati ineguagliabili che l’ hanno fatta riconoscere e considerare come una delle più prestigiose , selettive , ambite e rinomate università a distanza a livello internazionale .

ISFOA Libera e Privata Unitelematica di Diritto Elvetico vanta i seguenti record : 


il 100% dei propri iscritti conclude nei tempi previsti il percorso accademico previsto ;


il 
100% dei propri laureati risulta essere un imprenditore , un professionista o un dirigente di conclamato successo ; 
il 100% dei propri laureati appartiene alla classe sociale degli high net worth individuals ;


lo 0% è il tasso di abbandono dei propri iscritti .

 

ISFOA Libera e Privata Unitelematica di Diritto Elvetico , attraverso l’opera indefessa e volontaria del pro rettore Vincenzo Mallamaci , ha perfezionato , proprio grazie alle generose donazioni ricevute durante le varie cerimonie di consegna dei titoli accademici , in stretta collaborazione con l’ Associazione E Ti Porto in Africa ONLUS , l’ acquisto di numerosi ettari di terra in Costa d’ Avorio , destinati alla coltivazione di piantagioni di Cacao , da donare ad un folto gruppo di famiglie povere che potranno con il loro lavoro ed il relativo insegnamento di Tecniche Agricole , Aziendali , Finanziarie e Commerciali , sopravvivere e prosperare per almeno 30 anni .

 

ISFOA Libera e Privata Unitelematica di Diritto Elvetico , agirà nella realizzazione di tale importante opera umanitaria , sempre sotto la diretta supervisione di Monsignor Giulio Cerchietti , Officiale della Congregazione per i Vescovi della Santa Sede , responsabile Ufficio Internazionale Ordinariati Militari e Presidente Associazione Amici del Benin .

 

ISFOA Libera e Privata Unitelematica di Diritto Elvetico , da sempre , progetta e sviluppa operazioni di livello internazionale a beneficio del progresso sociale , culturale ed economico , procedendo sempre nello spirito cristiano , in maniera concreta e reale , in silenzio ed umiltà , in evidente contrapposizione alle chiacchiere generali , poichè questo è uno degli insegnamenti fondamentali ereditati dal Maestro Gesù Cristo per risolvere , ad esempio , il problema dei profughi alla radice .

 

ISFOA Libera e Privata Unitelematica di Diritto Elvetico , rappresenta per tutti i laureati non un Punto di Arrivo ma un Punto di Partenza inarrivabile e dal valore incalcolabile , infatti , tramite la comune appartenenza e la assidua frequentazione alle manifestazioni organizzate , conviviali ed ufficiali , facilita come ormai nessuna altra struttura attiva , in Italia , tutte caratterizzate da una endemica decadenza ed inutilità , l’ interscambio , la creazione e lo sviluppo di privilegiate ed uniche opportunità di relazioni personali e professionali , unitamente ad importanti occasioni di beneficenza .

 

Fregiarsi del titolo accademico ISFOA Libera e Privata Unitelematica di Diritto Elvetico è un privilegio , raro , ambito , agognato e non comune , destinato ad un selezionatissimo e ristretto novero di importanti e riconosciuti protagonisti nel proprio specifico settore di appartenenza .

I laureati ISFOA Libera e Privata Unitelematica di Diritto Elvetico sono giovani e brillanti , nel pieno della propria attività , forma fisica ed intellettuale , inseriti ai più alti livelli dell’ imprenditoria , delle professioni , delle istituzioni , della ricerca accademica , della finanza e del credito , dei media che in uno spirito di leale , morale , etica e trasparente fratellanza collaborano attivamente tra loro per il progresso e lo sviluppo personale , della società e dei più sfortunati , animati sempre e comunque da una logica di mutuo soccorso .

 

ISFOA Libera e Privata Unitelematica di Diritto Elvetico , gode a livello internazionale , di un acclarato prestigio e di una riconosciuta reputazione in funzione del proprio corpo docente composto da banchieri , industriali , editori , giornalisti , diplomatici , accademici , prelati , militari , giuristi , economisti di chiara fama , provenienti dalle maggiori e più note istituzioni italiane ed estere , sia per le proprie importanti attività di lobbyng e di sviluppo di affari che per l’impegno profuso a livello sociale , avendo concesso numerose borse di studio a parziale e/o totale copertura delle rette previste a favore di discenti non particolarmente abbienti ma meritevoli e organizzando e/o finanziando innumerevoli opere filantropiche e caritatevoli .

 

I.S.F.O.A. Hochschule für Sozialwissenschaften und Management risulta essere un punto di riferimento nei tempi attuali caratterizzati da deriva e mancanza di etica , una vera e propria Arca , la cui fondamentale Missione risiede nel vivere ed operare come se la società ideale già esista , perché un giorno possa esistere davvero .

 

I.S.F.O.A. Hochschule für Sozialwissenschaften und Management quotidianamente come un vero storico illuminato , guardando avanti conoscendo il passato ma agendo nel presente .

 

SCENARIO DI CRISI GUERRA CONFLITTI E DI INSICUREZZA POLITICA CAPITOLO PRIMO

 

Quando pessimisti diventano anche le persone più realiste , il futuro non promette nulla di buono .

Negli ultimi due anni , i fatti hanno dato ragione a chi , per inclinazione, ama vedere il bicchiere mezzo vuoto .

Occorre tornare indietro di 80 anni, alla Seconda Guerra mondiale, per veder un mondo così insicuro come quello di oggi, lacerato da un numero così alto di crisi e conflitti , spesso dimenticati , e da due grandi guerre , le cui fiamme possono divampare in intere regioni con conseguenze imprevedibili sugli assetti geopolitici del Pianeta .

Chi ricorderà il 2023 come l’annus horribilis – dove alla guerra in Ucraina si è aggiunta una nuova guerra in Medio Oriente ancor più incendiaria – non può non guardare con preoccupazione all’anno appena iniziato .

Mancano i mezzi per persuadere i belligeranti a tornare al tavolo negoziale, mancano leader capaci e desiderosi di farlo , mancano gli equilibri ed i rapporti di forza che avevano comunque regolato il mondo post-guerra fredda .

L’ultima grande guerra , ancora in corso, è quella tra Israele ed Hamas .

A prima vista appare circoscritta a un fazzoletto di terra . La disparità delle forze in campo – Israele vanta l’esercito più tecnologico al mondo – farebbe presupporre una vittoria , se non rapida , comunque certa .

Vi sono tuttavia delle variabili che non possono essere trascurate . Le forze armate israeliane (Idf) stanno combattendo su un fronte principale , la Striscia di Gaza , ma sono attive su almeno altri tre fronti: quello settentrionale contro gli Hezbollah libanesi , ma anche in Siria , dove continuano a colpire con raid aerei le installazioni militari iraniane , e sul fronte interno in Cisgiordania .

I ribelli yemeniti Houti , che nel Mar Rosso stanno colpendo le navi dirette in Israele , e le milizie sciite in Iraq , che hanno ripetutamente attaccato le basi militari americane , sono due altri fronti ostili .

Per arsenale e numero di uomini (tra cui reparti di élite addestrati in Iran) gli Hezbollah rappresentano l’insidia peggiore .

Le due portaerei americane inviate al largo delle coste libanesi sono un chiaro messaggio , un deterrente per Hezbollah ed il loro alleato , l’Iran .

Nessuna delle parti in causa sembra desiderare questa grande guerra mediorientale .

Ma quando il numero delle incognite aumenta , cresce anche la possibilità che un incidente , un qualsiasi imprevisto possa dar fuoco alle polveri.

E qui si viene anche all’Iran .

Nel 2024, volenti o nolenti , i Paesi occidentali, e non solo, dovranno una volta per tutte affrontare il suo controverso programma nucleare .

Teheran non è mai stata così vicina allo sviluppo di un ordigno nucleare . Se non riusciranno a raggiungere un accordo , Israele potrebbe esser tentata di distruggere le installazioni iraniane
con raid mirati , innescando la risposta di Teheran .

L’Iran, tuttavia , ha consolidato i suoi rapporti con alleati molto potenti , primo fra tutti la Russia di Vladimir Putin .

Il 17 marzo il “presidente quasi a vita” della Federazione russa sarà con ogni probabilità riconfermato alla guida del Paese. La sua è la cronaca di una vittoria annunciata che lo renderà più attivo sui fronti bellici.

Il 22 Febbraio la guerra in Ucraina compirà due anni .

Il più grande conflitto dai tempi della Seconda Guerra Mondiale , per numero di uomini e numero di armi impiegate , è tutt’altro che risolto .

La controffensiva ucraina volta a riconquistare le regioni occupate dal russi che si affacciano sul Mare di Azov non è andata come previsto .

Le forze russe stanno riguadagnando terreno , anche se in modo marginale , in alcune aree del Donbass .

Quella che non solo Kiev , ma anche il mondo occidentale , definivano una sconfitta inevitabile per Vladimir Putin , è divenuta una guerra di stallo dove l’imperativo non è più avanzare , piuttosto non arretrare .

Gli Stati Uniti stanno ripensando la loro assistenza militare .

La nuova strategia sarà fondata su due colonne: hold and build, ovvero mantenere (le posizioni attuali) e costruire un’industria bellica ucraina .

Significherebbe accettare un conflitto ancora più lungo .

In questo contesto le guerre dimenticate – ma non per questo meno letali – rischiano di diventare ancor più dimenticate , abbandonate a loro stesse.

L’Africa è tornata ad essere un territorio conteso . L’attivismo internazionale della Russia, e le offensive commerciali di India e Cina , non hanno finora trovato un contraltare da parte del mondo occidentale.

Le elezioni presidenziali americane rappresentano un punto di svolta capace di condizionare l’andamento delle due grandi guerre , soprattutto quella in Ucraina .

I due conflitti saranno al centro delle campagne elettorali del presidente in carica , il democratico Joe Biden , e del suo probabile sfidante , il repubblicano Donald Trump , la cui riconferma appare oggi del tutto possibile .

Donald Trump è certamente meno interventista e disposto a finanziare la costosissima campagna ucraina .

Nel primo anno di guerra , segnalava lo scorso Aprile il Kiel Institute , un centro di ricerca indipendente con sede in Germania , l’amministrazione Biden e il Congresso hanno mobilitato risorse pari a oltre 73 miliardi di euro .

Di questi , 44,3 miliardi sono stati destinati all’assistenza militare .

Le spese del secondo anno di guerra non dovrebbero essere inferiori .

I contribuenti americani saranno tutt’altro che soddisfatti .

Buona parte di quelli europei non lo erano stati sin dall’inizio .

Sullo sfondo , intanto , c’è un’isola dell’Estremo Oriente capace di innescare un conflitto ancora più grande , di cui quasi nessuno desidera parlare: Taiwan.

 

 

PREVISIONI ECONOMICHE DI INCERTEZZA E DI RECESSIONE CAPITOLO PRIMO  

 

«La sintesi? Raccolta ordini in caduta libera , ora regna l’incertezza .I portafogli ordini si stanno esaurendo a velocità rilevante , sento categorie che entrano nel 2024 con commesse inferiori anche del 30-40% rispetto a quanto accadeva 12 mesi fa: sarà un anno complicato».

Il punto di osservazione di Marco Nocivelli , presidente della meccanica varia racchiusa nella federazione Anima (34 gruppi merceologici , oltre 50 miliardi di ricavi , 222mila addetti) , consente una valutazione ad ampio spettro della manifattura nazionale .

Che se lo scorso anno ha potuto in parte contare sull’onda lunga degli stop alla supply chain , restrizione alla capacità di smaltire la domanda pregressa che ha sostenuto la produzione per più mesi , ora affronta in modo diretto la frenata delle nuove commesse , già tradotta in un calo dell’output .

Segnali visibili in ogni variabile rilevante : dalla stessa produzione , giù del 2,5% tra Gennaio ed Ottobre , alla fiducia delle realtà manifatturiere , ai minimi da tre anni .

Passando per il sesto calo trimestrale consecutivo dell’utilizzo della capacità produttiva , oppure dall’aumento dei ritardi nei pagamenti e nei fallimenti registrati .

Nessun tracollo in effetti , piuttosto una progressiva riduzione del numero di giri del “motore” industriale , che difficilmente vedrà una svolta a breve .

Nelle stime di Prometeia si ipotizza infatti in valori correnti per il 2024 un guadagno limitato allo 0,4%, circa cinque miliardi in più.

Media che è in realtà il risultato di fattori diversi , settori che si muovono in direzioni opposte , variabili in parte orientate al “bello”, altrove portatrici di nuove incertezze.

Dovendo tracciare una linea, le indicazioni previsive vedono segnali positivi per la filiera allargata legata alla trasformazione digitale , area vasta di elettronica ed elettromeccanica a cui si aggiungono progressi visibili per la meccanica così come per il settore auto , la vera e quasi unica sorpresa positiva del 2023 .

All’estremo opposto , invece , lo stop al superbonus nazionale continuerà a pesare sul settore legato alla costruzioni , macro-area che dalle piastrelle agli infissi , dalle caldaie alle valvole e ai rubinetti vede una contrazione determinata dalle minori ristrutturazioni , così come più in generale dal calo a doppia cifra delle compravendite immobiliari .

Anno che si preannuncia non brillante anche per i comparti che al tema della casa sono agganciati a doppio filo , dunque mobili ed elettrodomestici , visti in crescita di appena qualche decimale .

Stime prudenti che sono coerenti con un quadro complesso che vede anzitutto per l’Italia la grande incognita rappresentata dalla Germania .

La stagnazione del primo mercato di sbocco italiano nei primi dieci mesi dell’anno si è tradotta in minori esportazioni per 1,8 miliardi di euro , con la concreta possibilità che il bilancio definitivo 2023 sia ancora più magro .

Ogni punto di calo degli acquisti di Berlino, va ricordato, si traduce per le nostre imprese in minori incassi annui per quasi 800 milioni.

Lo sanno bene le aziende di Brescia , la provincia più connessa con Berlino , che in un caso su cinque vedono volumi venduti verso il paese in calo di oltre il 20%.

Altro tema rilevante riguarda l’evoluzione dei tassi di interesse , trend che ha avuto un impatto evidente sulle strategie di investimento .

Una frenata , quella dei prestiti alle imprese , iniziata in sordina all’inizio dell’anno con riduzioni di mezzo punto percentuale , per poi proseguire in modo sempre più convinto , fino ai cali nell’ordine dei sei punti tra Agosto , Settembre ed Ottobre .

Minor tiraggio di credito legato anche ai prezzi più elevati: se ad ottobre 2021 , alla vigilia dell’impennata dell’energia e dello scatto dell’inflazione, un prestito per una nuova operazione costava in media l’1,41%, due anni dopo Bankitalia rileva un tasso quasi quadruplicato al 5,46% .

«Questa situazione ha certamente frenato gli investimenti – spiega Nocivelli – anche se per l’Italia si aggiunge il tema dei continui stop and go normativi , come accaduto per i bonus legati alla transizione digitale . La lunga trattativa con la UE per rinegoziare i fondi PNRR ha congelato molte scelte , perché è chiaro che di fronte a possibili futuri benefici maggiori la gente si ferma . Ecco perché su Transizione 5.0 servono rapidamente decreti attuativi chiari , diversamente si va a perdere la prima parte dell’anno».

Anno che si apre con segnali contrastanti sul fronte delle variabili di contesto. Se è vero che i livelli attuali del gas sono ancora quasi doppi rispetto al 2019, è giusto sottolineare il crollo recente dei listini, con prezzi sul mercato di Amsterdam scesi a ridosso dei 30 euro per Mwh, livelli che l’ultima volta si erano visti più di due anni fa.

Schiarita che si confronta però con uno stallo nelle aree di conflitto, alla vigilia di tornate elettorali complesse che coinvolgeranno più aree del mondo, a partire da Stati Uniti ed Europa. «Da un lato i governi dovrebbero dare una spinta al business – spiega Nocivelli -, perché a nessuno piace votare con un’economia debole ma in generale sappiamo che gli anni elettorali sono anche periodi di incertezza. L’invito all’Europa è quello di non far prevalere la foga normativa sul buon senso. Le transizioni vanno realizzate ma con tempi ragionevoli: accelerando troppo, il rischio di farsi male è alto» 

 

SCENARIO DI CRISI GUERRA CONFLITTI E DI INSICUREZZA POLITICA CAPITOLO SECONDO 

Una delle guerre più cruente in atto nel 2024 non è , tecnicamente , una guerra : le turbolenze del Sahel , la regione subsahariana finita nel circolo vizioso fra violenze jihadiste e colpi di Stato militari che ha inghiottito da anni Burkina Faso , Mali e Niger .

Acled , un database specializzato nella mappatura di conflitti armati , ha registrato 7.848 morti nel solo Burkina Faso fra il Dicembre 2022 e lo stesso mese del 2023 .

In Mali sono 4.146 e in Niger “solo” 976 , un conteggio che potrebbe rialzarsi drasticamente dopo il golpe che ha destituito il leader locale Mohamed Bazoum e insediato una giunta militare a Niamey .

Non è un caso che i tre Paesi subsahariani rientrino nell’elenco delle emergenze politiche e militari da tenere sotto osservazione nel 2024 , un anno che sarà scandito da almeno 64 elezioni nel mondo e una scia di ostilità scivolate fuori – o mai illuminate – dai riflettori internazionali .

L’International Rescue Committee , una Ong specializzata in aiuti umanitari , evidenzia un totale di 20 emergenze destinate a «deteriorarsi» nell’anno appena iniziato , consolidando o amplificando la portata di crisi che si concentrano in oltre un caso su due nella sola Africa .

L’elenco per l’anno in corso della Irc include nella sua «top 10» il Sudan , i territori palestinesi occupati , il Sud Sudan , il Myanmar , il Mali , la Somalia , il Niger , l’Etiopia e la Repubblica Democratica del Congo .

Gli altri 10 Paesi sotto la lente sono Afghanistan , Repubblica Centrafricana , Ciad , Ecuador , Haiti , Libano , Nigeria , Siria , Ucraina e Yemen .

Una mappatura che racchiude sotto di sé il 10,6% della popolazione globale , l’86% degli aiuti umanitari , il 75% delle persone costrette allo sfollamento , il 30% di quelle schiacciate sotto la soglia della povertà estrema e il 68% di chi versa in condizioni – sempre estreme – di insicurezza alimentare .

Fuori dagli scontri in cima all’agenda mediatica , quelli in Ucraina e a Gaza , si parla soprattutto di crisi che esulano dal perimetro della guerra tra forze statali e rientrano nelle dimensioni dei conflitti tra gruppi armati .

Un intreccio di instabilità politiche , militari ed economiche che rende ancora più ostico stabilire la portata di violenze e la loro evoluzione nel tempo .

Il Sudan è ostaggio da quasi nove mesi di uno scontro fra l’esercito regolare guidato dal generale al-Burhan e i paramilitari delle Rapid support forces (Rsf) capitanati da Mohammed Dagalo , detto «Hemetti»: il bilancio attuale è di 7,2 milioni di sudanesi dispersi all’interno o all’esterno del Paese , mentre il conteggio delle vittime sale e le incursioni delle Rsf nella regione del Darfur sollevano paralleli con il genocidio dei primi anni Duemila .

Il Sud Sudan , nato come costola dello stesso Sudan nel 2011 , si ritrova incalzato da flussi migratori di ritorno che esasperano le tensioni di un Paese in «sofferenza» debitoria e travagliato da una crisi alimentare sempre più diffusa .

Oltre un quarto della popolazione del Burkina Faso , reduce da due colpi di Stato nel 2022 , è bisognosa di assistenza , un aumento del 31% dai tempi del golpe di quasi due anni fa .

In Myanmar , l’escalation avviata dal colpo di Stato del 2021 si è aggravata negli ultimi mesi con gli scontri fra gruppi armati e forze governative , costringendo 336mila persone ad abbandonare la propria abitazione: un’urgenza umanitaria che minaccia di intensificarsi nei prossimi mesi , in parallelo al collasso di servizi pubblici come la sanità e l’urto del cambiamento climatico su una delle economie più vulnerabili alle sue conseguenze .

Il resto dei Paesi in bilico va da una Somalia ostaggio di siccità e ribalta terroristica all’Etiopia reduce dai due anni di guerra civile nel Tigray , dalle violenze che dilagano nell’isola caraibica di Haiti al baratro che ha fatto scomparire l’Afghanistan: il Paese centroasiatico tornato sotto lo scacco dei Taliban nel 2021 e condannato , da allora , a una spirale di crisi che oggi lascia nella povertà almeno la metà di una popolazione da 40 milioni di persone .

Il tutto mentre la Repubblica Democratica del Congo , il gigante minerario nel cuore dell’Africa , oscilla fra i tumulti delle ultime elezioni di dicembre e le scintille mai sopite sui suoi confini orientali con il Ruanda.

Se i bilanci delle vittime non sono sempre chiari , complice la carenza di fonti affidabili o aggiornate, le dimensioni umane delle «emergenze» si spiegano con un dato sempre più esteso: quello degli sfollati , sia interni (internal displaced people) che destinati a irrobustire i flussi migratori interni all’Africa e agli altri continenti .

Le Nazioni Unite parlavano già a Ottobre 2023 di un picco di 114 milioni di persone obbligate da «guerre e violenze» a lasciare le proprie abitazioni , il dato più alto che si sia registrato dall’inizio delle rilevazioni nel 1975 .

Il totale è cresciuto a ritmo record passando dai 108,4 milioni di sfollati di fine 2022 e i 110 milioni che si registravano a metà dell’anno scorso , in un crescendo che non può che essersi acuito anche nei mesi dopo la diffusione dell’ultima stima .

Anche perché il report non teneva conto di una guerra , in senso proprio , iniziata in quei giorni e cresciuta fino agli estremi di un’escalation su scala mediorientale: lo scontro fra Israele e Hamas , comunque indicato in testa alle crisi dalla stessa Irc per le condizioni sempre più allarmanti dei palestinesi distribuiti fra la Striscia di Gaza e la Cisgiordania .

Oggi la sola Striscia registra quasi 2 milioni di palestinesi dispersi, le “altre” vittime di una guerra che sta per varcare i tre mesi di ostilità e ha lasciato alle sue spalle una quota sempre maggiore di morti su entrambe le sponde del conflitto .

Fra i conteggi ufficiali e quelli invisibili , almeno per ora, in una guerra che può essere chiamata con il suo nome .

 

 

PREVISIONI ECONOMICHE DI INCERTEZZA E DI RECESSIONE CAPITOLO SECONDO

Il 2023 è stato un anno di relativa sofferenza per l’economia italiana , ma tutto sommato accettabile rispetto a ciò che è accaduto alla maggior parte delle altre economie avanzate .

L’Ufficio di statistica britannico (UK ONS) ha appena pubblicato un rapporto che contiene una interessante analisi comparata sui Paesi del G7.

Quella italiana è stata la sola economia il cui PIL sia cresciuto nel terzo trimestre 2023 (+0,1% rispetto al secondo trimestre) assieme a quella statunitense (+1,2%) , che sembra viaggiare ad un ritmo decisamente superiore a tutte le altre in questo momento .

Per gli altri Paesi invece notte fonda: Giappone (-0,7%), Canada (-0,3%), Francia, Germania e Regno Unito (tutti e tre -0,1%).

Come evidenzia il confronto dell’UK ONS , la tenuta dell’economia italiana nel 2023 , unitamente al forte biennio di ripresa precedente , permette al Paese di mantenere alla fine del terzo trimestre scorso il primato di crescita del Pil (+3,4%) rispetto al quarto trimestre 2019 , quello cioè precedente l’inizio della pandemia , nel confronto con i Paesi europei del G7 (Francia +1,7%, Regno Unito +1,4%, Germania solo +0,3%) e con il Giappone (+3%). Soltanto gli Stati Uniti (+7,3%) e il Canada (+4,2%) hanno fatto meglio dell’Italia , anche per le differenti gestioni del Covid sulle due diverse sponde dell’Atlantico.

Nel 2023 ha impattato negativamente sull’Italia la crisi della Germania e di gran parte del Nord e dell’Est Europa , con una paralisi degli scambi intra-comunitari e conseguentemente anche dell’export .

Un altro fattore depressivo per il PIL italiano è stata la fine dei superbonus edilizi, che ha influito non solo sul rallentamento delle costruzioni ma anche sulle forniture ad essa connesse con un sensibile calo della produzione manifatturiera e un forte smaltimento delle scorte .

Infine , gli alti tassi di interesse e l’esaurirsi del Piano Industria 4.0 hanno determinato anche una frenata degli investimenti delle imprese .

Un ulteriore elemento di tenuta dell’economia italiana nel 2023 è stato l’export verso i Paesi extra-Ue , che, nonostante una flessione a Novembre , ha fatto registrare nei primi undici mesi dell’anno un buon +3,5% rispetto allo stesso periodo del 2022 , con un saldo commerciale record al netto dell’energia di oltre 101 miliardi .

Già nel terzo trimestre , tuttavia, diversi importanti settori della manifattura interna hanno accusato un preoccupante calo dell’export .

Ciò è avvenuto in particolare per i beni più legati all’edilizia e al settore immobiliare , come mobili o rubinetti , in arretramento in molti Paesi destinatari delle vendite estere , sia per gli alti tassi di interesse sia per alcune criticità locali , come nel caso dell’immobiliare cinese , in sofferenza per l’elevato indebitamento.

Nella parte finale del 2023 il sensibile calo degli ordini in molti settori della manifattura italiana lascia presagire che il 2024 possa partire in salita .

Ma la speranza è che gli investimenti legati al Pnrr possano controbilanciare gli elementi di debolezza della domanda interna ed internazionale, consentendo al nostro Paese di mantenere la leadership nel tasso di crescita del Pil a medio-termine tra le più grandi economie europee: un bel cambio di passo per l’Italia rispetto agli incerti primi quindici anni del nuovo secolo.

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LIBERA E PRIVATA UNITELEMATICA DI DIRITTO INTERNAZIONALE

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Denominazione Autorizzata dalla SEFRI Segreteria di Stato per la Formazione la Ricerca e l’ Innovazione Scuole Universitarie della Confederazione Svizzera Dipartimento Federale dell’ Economia della Formazione e della Ricerca ed Approvata dall’ Ufficio Federale del Registro di Commercio  di Berna e del Cantone Zugo

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